Volete conoscere in breve i CrossFit Games 2019? Formula di accesso completamente rinnovata. Parco atleti numerosissimo ma estremamente eterogeneo. Telecronaca in italiano. Tagli impietosi ad ogni prova. WOD solidi e concreti. Battaglia estrema ad ogni workout. Gara maschile più combattuta rispetto alle donne. Italiani, meglio i vecchietti della gioventù.
Di carne al fuoco ne abbiamo davvero tanta. Ergo iniziamo senza ambagi il nostro viaggio nei campionati mondiali di CrossFit®.
Sistema di qualifica
Questa 13° edizione dei Games ha fatto parlare di sé ancor prima di vedere la luce. Infatti quest’anno il sistema di qualifica all’evento è stato completamente rinnovato. Per accedervi si doveva passare per una di queste 3 strade: vincere gli “Open” nella propria nazione di cittadinanza (su questa cosa della cittadinanza torneremo), piazzarsi tra i primi 20 in classifica mondiale oppure vincere uno dei 15 eventi “Sanctional” in giro per il globo (in Italia abbiamo avuto l’Italian Showdown).
Che sia per una volontà di far partecipare molte più nazioni oppure per un mero calcolo economico in ottica di riduzione dei costi sono stati eliminati i “Regional”. Questi ultimi, introdotti nel 2011, si ponevano a metà strada tra “Open” e Games permettendo una ulteriore scrematura degli atleti.
Gli open e il sistema nazionale
Per i novizi o gli smemorati ricordo che gli “Open” sono formati da 5 WOD, uno a settimana per 5 settimane, i quali ciascuno può effettuare negli oltre 13 mila centri ufficiali CrossFit sparsi per il pianeta. Dopo aver ricevuto i risultati il server centrale alla fine delle 5 settimane stila le classifiche, sia mondiali (in cui i primi 20 uomini e 20 donne hanno avuto accesso diretto ai Games) sia divisi per nazioni di appartenenza (in cui il primo maschio e la prima femmina in classifica ottengono il posto ai Games). Per quanto riguarda la nazione di appartenenza faceva fede possederne la cittadinanza.
Questa procedura ha evidenziato a mio avviso due questioni: il basso livello di molti partecipanti e gli stratagemmi burocratici utilizzati in fase di qualifiche.
Basso livello di alcuni partecipanti
È palese infatti che il livello degli atleti CrossFit nel mondo sia tutt’altro che omogeneo, con nazioni che primeggiano palesemente per numero e livello degli atleti mentre altre non sono nemmeno lontanamente paragonabili. La regola che ogni nazione in cui vi fosse un box ufficiale potesse far accedere un uomo ed una donna ai Giochi se da un lato ha promosso la partecipazione “globale”, dall’altro è stata un atto più simbolico che sostanziale (e il primo taglio lo ha rivelato in tutta la crudeltà).
Prendiamo l’esempio di Andy Andrews, crossfitter proveniente dall’esotico Sri Lanka, arrivato tra gli ultimi posti ai Games. Negli Open 2019 è risultato al 15705° posto. Ora confrontiamolo con Valerio Moretti, giovane atleta di CrossFit Albalonga ancora molto lontano dai più forti: in Italia è 190° mentre nel mondo è 13462°. Notate subito che questa regolamentazione non ha portato ai Games i migliori ma sono alcune rappresentative di puro valore simbolico da giustapporre alle nazioni più forti che hanno fatto, come sempre, incetta di risultati e medaglie.
Cittadinanze bizzarre
Alcuni atleti, per avere maggiori possibilità di qualifica, hanno pensato bene di gareggiare con nazioni di cui magari possedevano la cittadinanza ma poco altro. Un caso che ci riguarda da vicino è proprio quello di Alessandra Pichelli (7 volte qualificata ai Games e giunta quest’anno 14°) la quale, molto probabilmente per via di una doppia cittadinanza, ha potuto iscriversi agli Open con l’Italia, risultare prima per via del suo livello più alto delle italiche donzelle e gareggiare quindi con il nostro inorgogliente tricolore verde bianco e rosso. Peccato che prima di questo evento non è che abbia manifestato tutta questa italianità (o per lo meno non ce ne eravamo accorti): non solo non ho mai sentito decantare una sola parola nella nostra lingua ma nemmeno nella sua biografia ufficiale, ad esempio, c’è traccia del nostro bel paese o rimandi alle sue origini.
Discorso diverso vale per Catalina Chelmus, atleta rumena che vive e si allena in Italia (e di cui tra qualche paragrafo leggerete l’intervista) che si è iscritta, ha vinto ed ha partecipato ai Games con la sua nazione di nascita, quella Dacia di latina memoria che oggi risponde al nome di Romania.
Ora è giunto il momento di finirla con qualifiche, burocrazia e cittadinanza e parlare un po’ della gara vera e propria. (Per chi volesse continuare sul concetto di cittadinanza vi lascio un mio articolo sul tema).
La gara
Anche quest’anno i Games si sono svolti nella città di Madison. Dopo le edizioni del 2017 e 2018, per la terza volta Dave Castro, il deus ex machina della manifestazione, ha scelto la capitale dello stato del Winsconsin per ospitare l’evento che quest’anno si è tenuto dal 1° al 4 agosto 2019. Abbiamo avuto la fortuna di poter avere, oltre alla diretta video, anche la telecronaca in italiano, organizzata a curata da CrossFit Varese, box dove si disputa Italian Showdown, l’unica gara “sanctional” presente sul suolo nazionale. Pur con qualche sbavatura data dalla mancanza di esperienza, credo sia stato tutto sommato un buon servizio, soprattutto nella persona del giornalista sportivo Zoran Filicic per la sua ampiezza di cultura sportiva e aneddotica dimostrata. Forse un po’ meno gli altri che lo hanno coadiuvato.
CrossFit Games 2019: gli atleti
Proprio in virtù dei nuovi metodi di selezione, in rappresentanza di ben 114 nazioni, 148 uomini e 134 donne hanno partecipato alla categoria “individual”, 14 squadre da 4 (2 uomini e 2 donne) alla categoria “team” più tutte le categorie minorenni (14-17 anni) e avanzati (35-60+ anni). In queste ultime due categorie erano in 10 per ogni gruppo di età. Tutti per aggiudicarsi l’alloro di “più in forma del pianeta”.
I WOD
I CrossFit Games 2019 erano articolati in ben 12 prove divise nei 4 giorni di gara. 3 eventi sono stati brevissime espressioni di potenza massimale e sub massimale in cui è stato testato il sistema alattacido e quello lattacido. 2 eventi sono durati intorno ai 30 minuti, collocandosi maggiormente verso la capacità aerobica rispetto alla potenza. 7 eventi invece si collocavano nella fascia di tempo situata tra i 5 ed i 20 minuti (classico “metabolico” dei WOD CrossFit), in cui è stato richiesto un efficiente coinvolgimento tra tutti i sistemi energetici, con quello aerobico (soprattutto potenza aerobica) che predominava a livello quantitativo, mentre i due anaerobici erano continuamente richiamati negli sforzi brevi ed intensi. Visto il “fomento statistico” sappiate che, indicativamente, gli atleti che hanno gareggiato in tutti gli eventi hanno consumato approssimativamente 7000kcal i maschi e 4500kcal le femmine (l’equivalente di circa 7 partite di calcio). Scusate se è poco.
Ritorno al concreto
Quest’anno i WOD sono stati caratterizzati da pochi stravolgimenti coreografici, pochi ammiccamenti ad altri sport e poche o nulle variazioni dalle classiche abilità CrossFit. Tutti i WOD hanno richiesto i movimenti che anche un novizio praticante le classi conosce (o perlomeno vede fare nel proprio box). Ritorno al concreto potremo sentenziare. Corsa, vogatore, double under, nuoto, muscle up, pistol squat, rope climb, burpees, snatch, clean, camminata in verticale (scusate gli inglesismi che non amo ma spero di farmi perdonare). Questi sono stati alcuni ingredienti delle prove proposte. Ovviamente il tutto, come sempre, è stato estremizzato all’ennesima potenza, mettendo a durissima prova gli atleti che rimanevano in gara.
Cosa? Che vuol dire “atleti che rimanevano in gara”? Ve lo spiego subito.
Il taglio ed il punteggio
Quest’anno è stato introdotto un taglio progressivo degli atleti, articolato nei primi 6 WOD, in cui venivano eliminati definitivamente dalla gara gli ultimi della classifica generale, passando dai quasi 150 iniziali a soli 10. Quindi abbiamo avuto 150-75-50-40-30-20-10 atleti. I 10 rimasti, i finalisti, hanno poi gareggiato tutti negli ultimi 6 WOD decretando il vincitore. Questa nuova modalità è stata indubbiamente un fattore di grande spettacolarizzazione, rendendo altamente improbabile assistere a gestioni ragionieristiche degli eventi in cui si potessero alternare ritmi più bassi o più alti. Il rischio di essere fagocitati nella parte bassa della classifica era troppo forte (e ha interessato alcuni grandissimi nomi di cui parleremo).
Per quanto riguarda il punteggio invece, essendo la regola che il 1° prendeva sempre 100 punti e l’ultimo sempre 0 punti, riducendosi progressivamente il numero dei partecipanti aumentava lo scarto tra ogni posizione. Così se nel 1° WOD esso era di soli 2 punti (100-98-96…) alla fine progrediva fino a ben 10 punti (100-90-80…). Quindi, soprattutto nella seconda parte della gara, ogni posizione in più era anelata e conquistata “con il coltello tra i denti”.
I premi
Molto ricchi sono stati quest’anno i premi per la categoria “individual”, con ben 300 mila dollari al primo classificato, 115 mila al secondo e 75 mila al terzo. Nella gara a squadre invece i premi erano rispettivamente 100 mila, 70 mila e 40 mila dollari per ogni squadra nelle prime 3 posizioni. Nella categoria 35-39 anni i premi sono stati di 25 mila, 10 mila e 5 mila dollari. Molto più frugali i premi per tutte le altre categorie con soli 10 mila, 5 mila e 3 mila dollari per le prime 3 posizioni. Nemmeno per pagarsi le spese di viaggio vitto e alloggio che, ricordiamolo, non erano comprese per gli atleti.
WOD più belli
Ma veniamo alla consueta e personale classifica degli eventi più belli di questa edizione 2019 dei CrossFit Games.
Terzo posto: The sprint
Al terzo posto ho deciso di inserire “The sprint“, autentica espressione di scatto e potenza anaerobica pura, in cui gli atleti dovevano fare andata e ritorno nel capo gara correndo a più non posso e destreggiandosi anche in repentini cambi di direzione. Il tutto strutturato con batterie ad eliminazione. WOD davvero al cardiopalma in cui alla l’hanno spuntata Saxon Panchik tra gli uomini e Kristin Holte tra le donzelle. Fulminante!
Secondo posto: The standard
Al secondo posto di questa personalissima classifica troviamo l’ultimo evento di questa edizione: “The standard” (uomini – donne). Gravosa e perfida unione di due lavori con bilanciere che sono dei classici, ossia “Grace” (30 girate e slanci) e “Isabel” (30 strappi), intramezzati da 30 salite agli anelli (muscle up). Un lavoro che ha messo a nudo tutta l’abilità, la resistenza e l’economicità degli atleti. Ed ha fatto emergere potentemente, grazie ad una serie finale di strappi consecutivi mentre gli altri effettuavano una ripetizione alla volta, il vincitore di questa edizione (che rivelerò tra poco). Definitivo!
Primo posto: First cut
Al primo posto il WOD che mi ha stuzzicato maggiormente è stato proprio “First cut” (uomini – donne), la bestia nera dei nuovi arrivati, il primo lavoro di questi Games che ha decretato il taglio dai quasi 150 atleti iniziali a 75. In 20 minuti di tempo limite, gli atleti dovevano effettuare 4 giri composti ciascuno da 400m di corsa, 3 arrampicate alla fune senza gambe (quasi 6m di altezza) e 7 strappi in accosciata (squat snatch) con 84kg gli uomini e 60kg le donne. Un lavoro che solo 4 donne e 44 uomini hanno completato nel tempo previsto. Nonostante la sua difficoltà, anzi forse proprio in virtù di questa, ha rappresentato in maniera emblematica un esempio fattuale di cosa sia il CrossFit, quale aree esso abbracci e quale livello atletico venga richiesto agli atleti Games. A tal proposito vi sottopongo il giudizio su questo lavoro da parte di 3 italici esperti del settore, tra cui Alain Riccaldi. Tra le donne la vincitrice è stata Tia Clair Toomey mentre Mathew Fraser è risultato il primo dei maschi. Discriminante!
WOD + brutti
Di converso non potevo non presentare la classifica di quegli eventi che non mi hanno fatto impazzire pur essendo stati comunque ottimi modi per testare particolari abilità, capacità o sistemi energetici.
Al terzo posto non mi ha troppo entusiasmato la prova “Clean” (uomini – donne) in cui si doveva trovare il proprio massimale di girata in accosciata (squat clean). Non discuto il valore di una prova del genere nel valutare la potenza massimale e la tecnica di pesistica, pur tuttavia ai miei occhi mi è sembrata un po’ ridondante.
Secondo posto per “Ruck” una prova di corsa zavorrata in cui si dovevano effettuare 4 giri da 1500 metri aggiungendo peso nel proprio zaino ad ogni giro. Prova di certo faticosa ed impegnativa ma che purtroppo non brillava per spettacolarità e tensione (ed in cui un certo Mathew Fraser ha dovuto subire una penalità a causa della caduta, non rimediata, della propria zavorra).
Continuando su questa scia la prova che meno mi è piaciuta è stata “Swim paddle” in cui si doveva nuotare per 1000m all’andata e nuotare sulla tavola per 1000m al ritorno. Il WOD più lungo di questi Games 2019, con tempi intorno ai 30 minuti.
CrossFit Games 2019: i vincitori
Il podio femminile
Finalmente è giunto il momento di conoscere i vincitori di questa edizione. Partiamo dalle donne dove, a differenza dell’edizione 2018, quest’anno c’è stata ben poca storia.
Tia Clair Toomey, la 26enne australiana di ferro, vince per la 3° volta consecutiva e straconvince tutti delle sue innegabili doti, aggiudicandosi ben 4 eventi su 12 e mostrando praticamente di non avere punti deboli.
Dietro di lei troviamo due nuove atlete a medaglia. Argento per la 33enne norvegese Kristin Holte, alla sua 6° partecipazione ai giochi dove non era mai arrivata oltre il 7° posto. Bronzo per la 28enne neozelandese Jamie Greene, alla sua 3° partecipazione consecutiva ai giochi con un 11° posto nel 2018 ed un 8° posto nel 2017.
Rispetto all’anno scorso in cui era giunta 3° l’islandese Katrin Tanja Davidsdottir è arrivata 4°. 15° invece la medaglia d’argento dello scorso anno, l’ungherese Laura Horvath.
Il podio maschile
Negli uomini invece la battaglia è stata molto più appassionante e sul filo di lana. Mathew Fraser, 29enne statunitense eguaglia un certo Rich Froning e si conferma vincitore per la 4° volta consecutiva entrando di fatto nella leggenda. Vincendo 5 eventi sui 12 totali è riuscito, dopo aver perduto la testa della classifica nel 2° giorno, ad aggiudicarsi la medaglia d’oro (ed il ricco premio di 300 mila dollari).
Argento per il 28enne statunitense Noah Ohlsen e prima volta sul podio nonostante le 5 partecipazioni passate. Vincendo un solo evento è riuscito comunque a non essere mai sotto le prime posizioni, riuscendo a strappare a Fraser la testa della classifica nella seconda giornata dopo i WOD “Mary” e “Sprint”.
Bronzo per il 26enne islandese Bjorgvin Karl Gudmundsson, alla sua 6° partecipazione ai giochi con il 3° posto del 2015. Senza vincere alcun evento è tuttavia riuscito ad essere sempre tra i primi dimostrando una ottima versatilità e multi abilità.
I canadesi Patrick Vellner e Brent Fikowski, rispettivamente argento e bronzo lo scorso anno, non vanno oltre un poco esaltante 16° e 23° posto, tagliati ancora prima dei 10 atleti finalisti.
Gara a squadre e “Spirito dei Giochi”
Come non citare, nella gara a squadre, l’ennesima vittoria di Rich Froning e della sua “Mayhem Freedom” che lo consacrano 4 volte vincitore anche in questa categoria, dopo le 4 vittorie come singolo. Comincio seriamente a pensare che sia benedetto dalla luce divina che ha ispirato anche il suo famoso tatuaggio con il riferimento ad un passo neotestamentario delle lettere di San Paolo.
Menzione finale per la vincitrice dello speciale premio “Spirito dei Giochi” che incorona la persona che ha incarnato al meglio i valori della competizione. Quest’anno il titolo è andato alla vincitrice dell’edizione 2013, Samantha Briggs poiché, pur avendo 37 anni e potendo quindi partecipare nella categoria 35-39, quest’anno ha preferito optare per la categoria regina confrontandosi con le atlete più giovani.
Gli italiani in gara
Non potevo non parlare dei miei compatrioti impegnati ai CrossFit Games 2019. Dopo aver già trattato della “portacolori” Alessandra Pichelli, non posso non soffermarmi su Stefano Migliorini, che rappresentava il nostro Bel Paese nella categoria maschile. Ottenuto il posto dopo la defezione di Giovanni Scali, atleta italo canadese (anche lui più canadese che italiano) che ha preferito partecipare alla gara a squadre, per Stefano si trattava della sua 1° partecipazione ai Games, pur avendo partecipato 5 volte ai Regional senza qualificarsi. Essendo uno dei più forti atleti italiani non nascondo che su di lui fossero riposte discrete speranze che fosse in grado di superare i primi tagli. Invece, complice anche un infortunio subito alla spalla sui primi strappi, è rimasto incagliato nelle fauci del primo WOD non riuscendo a qualificarsi oltre.
I master italiani
Veniamo invece ai nostri “vecchietti” Bernard Luzi e Giulio Silvino alla loro 3° esperienza ai Games, questa volta entrambi erano tra i 10 qualificati nella categoria 45-49 anni. Giulio Silvino purtroppo, reduce da una stagione tutt’altro che esaltante costellata da infortuni e vicissitudini fisiche, tra tendini rotti e problemi all’anca, a cui si è aggiunto anche un virus intestinale nei giorni precedenti i Games, ha comunque gareggiato al meglio delle proprie forze, piazzandosi in 8° posizione e vincendo l’evento “2 rep OHS” in cui si doveva trovare il massimale per 2 ripetizioni di squat con bilanciere sopra la testa (ricordo che le categorie “master” avevano eventi diversi dalla categoria “individual”).
Grandissima prova di Bernard Luzi, il quale sfiora il podio per 10 punti arrivando 4°, in una categoria in cui il livello era davvero stellare. Complimenti!
La parola a Catalina
Veniamo infine alla nostra intervista di prestigio con Catalina Chelmus, la rappresentante della Romania a questi Games che vive e si allena in Italia da diversi anni. Anche lei purtroppo non è riuscita a superare lo scoglio del primo WOD, terminandolo al 92° posto e quindi dovendo dire addio alla competizione al 1° giorno. Visto che non volevo risultare noioso e prevedibile ho provato a chiederle qualcosa di insolito e “scomodo”. Ecco il risultato.
Galeotto fu quel WOD
- Abbiamo sentito diverse storie, a cominciare dai telecronisti italiani, sostenere che hai letteralmente guardato la fune per 20 minuti. Ci racconti in prima persona la tua esperienza con il WOD?
Il primo workout è stato semplicemente geniale. Degno di essere il primo WOD dei CrossFit Games. Sia la fune senza gambe che il peso negli strappi richiedevano un livello di fitness molto alto. Quindi di per sé creava una bella scrematura. Purtroppo l’emozione e la cattiva gestione del WOD mi ha fatto stare a guardare la fune per 20′, ho fatto due ripetizioni e 15 tentativi almeno. Tuttavia questa è stata l’esperienza che più mi ha segnato e mi ha fatto ragionare su tante cose. Aspetti che devo curare ancora con più precisione e punti deboli che devo sempre più migliorare. Ho imparato anche che l’allenatore è davvero importante per un atleta.
I CrossFit Games 2019 e gli USA
- Quale è stata la cosa più brutta di questi CrossFit Games 2019?
Ad essere sincera non ho trovato una cosa estremamente brutta. Forse il taglio del 50% al primo lavoro è stata una scelta un po’ estrema.
- Le 2 cose più brutte degli USA?
Di certo il cibo spazzatura praticamente ovunque e gli affitti alle stelle a Madison nel periodo dei Games.
Le atlete di livello ed il doping
- Il fatto di aver toccato con mano quanto sia grande il divario tra te, che pure sei atleta di livello, e le atlete ai primi posti, non potrebbe svolgere un effetto “abbandono”? Non potrebbe indurti ad lasciare l’agonismo, visto che forse è praticamente impossibile raggiungerle?
Non la vedo così. Si indubbiamente le prime hanno una genetica invidiabile ma ciò non significa non poter competere con loro. Il lavoro duro e la dedizione possono portare dei grandi frutti. Per me stare a fianco dei mostri sacri è stata davvero una vittoria. Questa esperienza mi ha fatto venire ancora più voglia di allenarmi e migliorarmi.
- Visto la presenza massiccia del doping, come abbiamo visto persino a gare locali di medio livello, quanto questo aspetto condiziona anche il CrossFit di altissimo livello che vediamo ai Games?
Sul doping sinceramente non saprei. Sicuramente le prestazioni migliorano nettamente ma a quei livelli vince il più forte. E la selezione a livello genetico è il miglior “doping”.
I consigli
- Cosa consiglieresti ad un praticante che volesse approcciarsi all’agonismo?
Consiglio vivamente di affidarsi ad un esperto del settore. E iniziare a concentrarsi in primis sulla forza pura e sulla parte del conditioning (condizionamento metabolico N.d.A.) e sulla stamina (resistenza a sforzi prolungati mantenendo alta l’intensità N.d.A.). Curare la tecnica con molta attenzione. E mangiare bene usando la giusta la giusta integrazione.
Grazie per le tue risposte e in bocca al lupo per i Games 2020!
CrossFit Games 2019: conclusioni
Ed anche questo mio piccolo sforzo agostano nonché piccolo viaggio nei CrossFit Games 2019 è giunto alle conclusioni. Posso dire, nel mio piccolo di semplice allenatore, che sia stata una gran bella edizione con alcuni aspetti che ho gradito molto, come il sistema dei tagli che porta gli atleti a dare sempre il tutto per tutto, ed altri che ho gradito meno, come l’eccessiva e non proporzionata partecipazione di atleti.
Tuttavia sembra proprio che Dave Castro riesca ogni anno ad ideare e strutturare un evento che mai risulta monotono e ridondante rispetto a se stesso. Belli i WOD, bello lo spirito competitivo e (cosa apparentemente strana) anche lo spirito comunitario tra gli atleti, nonostante combattano sul campo gara fino all’ultima ripetizione. Gradevole anche la cerimonia di apertura, anche se vedere le scarne compagini nazionali a fianco alle decine di atleti USA non può che far risuonare nelle mie orecchie quelle noto motivetto con il sottofondo “bonci bonci bo bo bo, ti piace vincere facile?“. Non male anche la telecronaca in italiano, ma si può fare ancora meglio.
Inoltre, se sono di vostro gradimento preferite altri mezzi di comunicazione, vi consiglio l’ottimo video di Pierpaolo Menga, giovane atleta pugliese che cura un canale Youtube sul CrossFit.
I CrossFit Games 2020
Nonostante si siano appena spenti i riflettori su questa edizione già si prepara l’evento del prossimo anno. Questo ottobre infatti inizieranno gli Open 2020 con diversi mesi di anticipo rispetto al solito. Ergo gli atleti, dopo una legittima e meritata vacanza, si dovranno subito mettere sotto con gli allenamenti. Inoltre quest’anno è scaduto il contratto stipulato da CrossFit con gli impianti sportivi di Madison. Forse nel 2020 i Games cambieranno casa, e se essa fosse fuori dagli USA?
Insomma io ho finito. Il resto lo scopriremo solo vivendo.